LE POESIE DI JACK FOLLA

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  1. Phumas
     
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    "(Un amore sconvolgente: Jack Folla, l'uomo come tutti, il nostro alter ego clandestino, quello che dice le cose che sempre pensiamo e non abbiamo il coraggio di dire mai, l'uomo-talpa che scrive dalle fogne della città, che scuote le coscienze sotterranee, l'uomo antisistema, il non-sistema Jack, come noi vorremmo essere, come forse siamo, come non abbiamo il coraggio di mostrarci. Noi prigionieri, lui libero. Lui che ci mostra la libertà. Jack la nostra ombra luminosa!)

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    ''Sono anni che viviamo in questa cella.
    La felicità non sai cosa sia, la libertà neppure,
    i desideri neanche.
    Io sono evaso
    per insegnarti a sognare''

    "Sono tornato per vedere
    se ci riesce ancora di limare
    le sbarre insieme
    per riguadagnare un po' di libertà
    in questa tetra realtà. "

    "Un uomo solo davanti al muro
    è un uomo solo
    ma due uomini che guardano
    il muro
    è un principio d'evasione."

    (Nell'Italia di oggi c'è chi ha fatto del suo esilio un regno. In un Paese immobilizzato dagli applausi scroscianti a chi è Pro e chi Contro, Jack irrompe con anarchia appassionata, pagando di persona, evadendo anche dalla prigione del dissenso, pur di offrirci una via di fuga. Perché le sessanta lettere che ci ha fatto pervenire dal suo e dal nostro silenzio, si possono riassumere nel telegramma dell'ultima riga: )

    "Le paure si contano da soli.
    Le speranze in due." .

    JACK: "Saper mettere un punto e andare a capo è uno dei segreti di ogni storia della vita. Se lo ritardi, la rovini; se l'anticipi, la bruci; e se lasci che sia l'altro a mettere il punto al posto tuo, vuol dire che tu eri già uscito dalla storia.
    Gli addii non si annunziano, si compiono, e la loro violenza è inevitabile come quando si muore: la violenza del silenzio che seguirà. Gli addii camuffati da arrivederci li considero le perfidie peggiori. In realtà tagliano proprio le gambe ad ogni possibile ritorno, rassomigliano ai falsi addii delle marionette, quelle addestrate a recitare tutte le sere davanti a un pubblico diverso ma per loro indistinto e sempre uguale, eterni burattini che se ne vanno con nelle orecchie di legno gli applausi dell'ultimo "bis" che si confonderanno con quelli di benvenuto del prossimo paese dove domani sera replicheranno lo spettacolo.
    Mettere un punto non è abbassare il sipario e nemmeno cambiare copione. E' semplicemente interrompere la recita e uscire di scena. Non finire la battuta; osare, interromperla con un punto assurdo, e scontentare il pubblico, l'impresario e perfino te stesso, perché recitare il tuo ruolo ti piaceva, eccome se ti piaceva, era "come se", come se quella di Jack fosse davvero la tua vita.
    Ma vivere tutto "come se " è un danno. Lo conosco e me lo sono procurato cento volte. Ci sono coppie immobili, che per paura dell'abbandono, sono avvinghiate con il filo spinato del "come se", come se… si amassero ancora. Ci sono occasioni perdute sul lavoro, per il terrore di trasferirsi in un'altra città o semplicemente di cambiare azienda o mansioni o colleghi, in cui il "come se "è la scusa consolatoria a cui aggrapparsi per non mettersi a rischio. Le sirene della felicità, spesso, infondono più sgomento delle catene di un'esistenza mediocre. Allora facciamo come se il nostro vecchio lavoro fosse ritornato appagante, come se l'invidia del collega fosse una carezza, come se lo stipendio non ci dispiaccia più e ci convinciamo che quella promozione sempre promessa e mai mantenuta, in fondo in fondo ci lascia più liberi di vivere. Ma non appena è passata la "minaccia" di un'offerta di lavoro migliore, la "iattura" del colpo di fortuna, o quella altrettanto pericolosa di un nuovo amore, allora ricominciamo a lamentarci, di nuovo come se non fossimo stati solo noi a perdere il treno, e malediciamo chiunque, dalle Ferrovie dello Stato, agli extracomunitari, al nostro stipendio di merda, moglie, suocera e cane del vicino che-quello-chi sa- che cazzo-gli mette- nel pappone-per farlo latrare apposta- alle tre di notte- e rovinarmi l'esistenza.
    No, questa volta no, per favore. Questo fra me e te non deve succedere, fratello. E noi finora siamo stati bravissimi, noi finora l'abbiamo evitato.
    Avevamo tutti bisogno di un rapporto felice. Non so se un programma alla radio si possa definire così, ma so che il nostro era amore.
    Io metto un punto, perché nessuno ce lo porti via."

    "Se l’idea di società che abbiamo dentro
    è un po’ meno ignobile, un po’ più solidale e felice di quella che stiamo scontando attualmente,
    non è nostro diritto pretenderla,
    ma è nostro dovere praticarla ed attuarla,
    "come se"
    fosse quella e non questa l’Italia in cui viviamo. "

    "Credo che l’attesa sia un vizio come la speranza e io preferisco il dolore senza sorprese" .

    (Il suo bilancio si rivelerà una resa dei conti con se stesso e con gli "altri" nella scoperta delle verità nascoste, delle ipocrisie e di "un vuoto sconfinato in cui il dolore pulsante del mondo confluisce nel malessere individuale" e viceversa in una continua correlazione.)

    "Tutti i nostri atti producono conseguenze sul prossimo, alcune fortuite, altre prevedibili".

    (Jack Folla proclama l’incoscienza come antidoto alla falsa coscienza di oggi: )

    "L’illusione di essere sempre informati su tutto, di poter comunicare a tu per tu con chiunque, di conoscere gli altri e se stessi, e la presunzione di aver scardinato, grazie alla teologia, alla psicologia, alla tecnologia e alla biogenetica, la cassaforte dell’universo. Al cospetto di questa coscienza collettiva, io mi inchino, vi saluto e ritorno nelle tenebre del plasma. Preferisco essere un nanobio di un decimillesimo di millimetro, la metà del più piccolo batterio conosciuto, che un essere umano cosciente di sè. Voi trascorrete l’esistenza cercando di trovarvi, io la passo cercando di disperdermi."

    "La mia generazione

    Non può essere, non dev'essere, io non posso accettarlo
    di essere tagliato sempre quando parlo.
    Che dico. Che sogno. Di che cosa ho bisogno.
    Se sono ignorante e se me ne vergogno.
    E a te che ti diletti della mia generazione:
    rispetta il bisogno e l'emozione
    di chi più niente aspetta. Non spera
    non spara. Rifila solamente con l'accetta la sua bara.
    O padri. O padri. O padri disperati
    da padri che vi fecero già adulti e sistemati
    di libertà selvaggia ci avete contagiati
    e come cormorani, da soli, abbandonati
    sull'ultima spiaggia col petrolio sulle ali.
    Non può essere, non dev'essere, io non posso accettarlo
    che questa mia generazione di cui parlo, tarlo,
    dovrà rosicchiarsi un posto al sole, rubarlo
    ad ogni costo. Contesto. Non voglio farlo,
    la globalizzazione è il vostro stupido pretesto, mondiale
    per buttare a mare una generazione da scartare. Vero?
    Non speculare, su questo silenzio che non ci fa urlare. Peggio.
    Noialtri non verremo a votare al vostro seggio.
    Né grideremo Baggio-Baggio. Non puoi farci sfogare
    per lavartene le mani che non c'è da lavorare. Scruta
    dalla tua reggia, saggia, milioni di ragazzi
    su questa ultima spiaggia. Attenti. Pazzi.
    Diccelo tu che vali ?
    Perché il sole sta sciogliendoci il petrolio dalle ali."

    "Non darmi preoccupazioni

    Preoccupazioni. Non darmi preoccupazioni.
    Fai attenzione quando attraversi la strada.
    Dammi la mano Jack, la mano.
    Oggi il bambino è strano.
    Preoccupazioni, non darmi preoccupazioni.
    "Quando nascesti", raccontavi, "ti fecero saltare
    sulla mia pancia. Tu ridesti facesti pipì,
    ed eri così bello e così forte che io dissi:
    "Questo è Vino, Donne e Canto". E hai pianto.
    Non darmi preoccupazioni.
    Mamma, ricordi la cartella con i pennini?
    C'era una banda di bambini che si chiamava ''Condor".
    I Condor mi aspettavano dietro l'angolo
    e mi buttavano in terra. La guerra.
    Io infilzai di pennini la cartella. E tu
    "Non darmi preoccupazioni, se cadi per terra
    ti caverai un occhio". Malocchio.
    Invece l'occhio lo perse un Condor.
    E ti chiamò la signora maestra.
    "Non darmi preoccupazioni " . E ti chiamò la signora maestra e la
    mamma del condor ti denunciò
    così cominciò il calvario delle chiamate, degli avvisi
    delle telefonate. "Pronto signora?" — Pronto.
    (Non darmi preoccupazioni. )
    "Giù c'è una guardia per suo figlio".
    (Non darmi preoccupazioni.)
    Avviso di cambiali scadute, assegni protestati,
    postdatati, rubati. Non darmi preoccupazioni.
    Spaccio, astinenza, roba. Alba vuota.
    "Questo non è un albergo!"
    Mamma sulla sedia a dondolo
    dopo il primo anno a Rebibbia mi aggiusta la fìbbia
    della scarpa nera. "Vestiti, una volta, da sera".
    E poi l'America, d'illusioni e tentazioni.
    Non darmi preoccupazioni.
    E quand'è morta sembrava una bambina
    e diceva cose da bambina, tranne una:
    "Ti fecero saltellare sulla mia pancia
    ed eri così bello e forte che dissero Vino Donne e Canto".
    Sei morta.
    Ho pianto.
    Le madri dei condannati a morte muoiono sempre prima. Condannate dai figli.."


    Numeri

    "Numero, la vita è tutta un numero. 80-27-29
    era il numero di casa dei miei. Loro sono scomparsi
    adesso devi aggiungere lo 06. Ma non basta
    perché suona eternamente libero. Telecom,
    voglio il prefisso per parlare con mio padre,
    il fu numero... Ricordi? "Com'è andata a scuola?"
    Ho preso 8, papa. 7. 6. Trentasei sessantesimi
    alla maturità. "Legga un poco la A ". Miope: due diottrie.
    I numeri degli oculisti e quelli degli elettricisti.
    Sessanta watt. Numero, la vita è tutto un numero,
    come dicono i croupier.
    "Che misura porta, signora?" La terza.
    "Vuoi il numero del mio telefoninooo?"
    No, dammi quello del tuo destino.
    Non bastavano i maghi alla tivù, quelli col numero
    in sovraimpressione, adesso ci sono
    i numerologi della divinazione. "Lei è un tipico destino 2"
    Esigo un paese senza numeri di sorta.
    Toglietemi il numero dalla porta. "Pronto? Un attimino,
    mi da il numero della sua carta di credito
    per la campagna della Bonino?"
    Esigo un telefono senza numeri per libere chiamate mentali.
    Numeri, te l'inculcano a scuola: Se 44 soldati
    puntano contemporaneamente 22 fucili e scaricano
    su 66 condannati 962 pallottole,
    quante di queste andranno a segno?
    Consegno. Sto male. Lei deve prendere 3 pasticche
    prima di colazione, due di queste altre dopo, queste sei
    dopo cena Piuttosto mi mangio la scatola.
    Numeri, vi detesto Protesto la mia totale estraneità
    a tutti i calcoli di probabilità. Statistica: parola eufemistica
    per dire che non conti un cazzo, ma che tutti insieme
    facciamo un'opinione. Numeri, ossessione
    Rinuncio al premio di consolazione: "Ultimo estratto: 4.
    Ma che fa, è matto? Aveva vinto un gatto'".
    Teneteveli, li odio. Sono sempre 44 in fila per tre
    con resto di due. E uscito il 32 sulla ruota di Bari.
    "77, le gambe delle donne". Somaro. Quando mai
    si sono viste 77 gambe sotto la gonna di una donna.
    E che è un millepiedi? In piedi! "Quanti siete ragazzi?"
    Siamo tanti, tesoro. Incavolati pazzi."

    Desiderio, fottiti.

    "Desiderio, fottiti. "Vacanzina ai Caraibi?"
    Turismo, triste invenzione. Stare fermi,
    occhio al ciclone. "Che ne dice di questa
    zuccheriera inglese dell'Ottocento?" Orribile. Attento
    a tutte le riproduzioni, ti faranno desiderare l'originale.
    E attento all'originale, farà scattare negli altri
    il desiderio di rubare. Desiderio, fottitti. "Berio.
    L'ha mai sentito? In questo cd si riproduce all'infinito",
    — No grazie, troppo serio "Pronto, desidera?"
    — Più niente, ci ho ripensato.
    Desiderio di un condannato?
    Essere un evasore. Dell'evasore?
    Avere concordato. "Ti desidero ".
    — Moi non plus. "Ha mai considerato la convenienza
    di una multiproprietà?" Certo, per fare una strage.
    "E di questo tritaghiaccio che ne dice?" Finirei
    col suicidarmi in cubetti. Desiderio, fottiti.
    "Abbiamo mobili di richiamo, salotti chiavi in mano,
    soffitte da primo piano, nani per giardinetti,
    serrature in ricamo, porte con i merletti,
    camini dentro ai letti, computer che dicono ti amo.
    Li vuole?" No, richiamo.
    Desideri del genere umano vi detesto.
    Siete tristi e noiosi. Tutti eccetto questo.
    Un disco di Battisti."
     
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  2. Phumas
     
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    Se l’idea di società che abbiamo dentro è un po’ meno ignobile, un po’ più solidale e felice di quella che stiamo scontando attualmente, non è nostro diritto pretenderla, ma è nostro dovere praticarla ed attuarla, come se fosse quella e non questa l’Italia in cui viviamo. (J.F.)
     
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  3. ghybly
     
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    cazzo no spettacolo.....troppo un grande ho letto cosi veloce xche a st'ora nn ie la faccio quello che hai scritto mi ha ricordato un prog che vedevo anni fa non ricordo con chima mi pare la trasmissione si chiamava alcatraz la facevano di notte....stupendo come stupende le tue parole a cmq io so claudio
     
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  4. Phumas
     
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    Claudio Alcatraz era Jack Folla... Alcatraz è diventato un cult televisivo, ma la radio è stato il suo inizio e la sua recita migliore...
     
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  5. ghybly
     
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    e si ma all'epoca avevo neanche 18 anni penso sara stato un 10 anni fa se non de piu...se non sbaglio....la radio non la sentivo spesso e in tv vedevo poco e niente
     
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  6. Phumas
     
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    per radio era incredibile... solo la sua voce... testi che descrivevano ogni situazione... era davvero magico...
     
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  7. ghybly
     
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    magari sentendolo avrei trovato un senso alla vita migliore di quello che era
     
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  8. Phumas
     
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    credo che abbia aiutato molti... poi la voce era quella del tipo che fa Lucignolo...
     
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  9. Keijrah
     
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    io non conoscevo Jack Folla prima di leggere quelche hai scritto qui Phumino..... è un'altra generazione....
    però devo riconoscere che è davvero intelligente e ha stile...... i testi sono bellissimi..... sono davvero contenta che tu li abbiamessi qui..... almeno li ho visti!!!!
    GRAZISSIME!!!!!
     
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  10. Phumas
     
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    beh, il mio forum è nato seguendo un pò i miei gusti...
    Jack Folla non poteva mancare!
    Questo personaggio surreale ti dava emozioni forti e ti faceva sognare...
     
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  11. Keijrah
     
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    da quel che ho letto me ne rendo perfettamente conto.... sono dei pensieri molto veri e molto belli.... è stato uno capace di dire ciò che pensava senza timore dei giudizi altrui.... fai bene ad amare ciò che scrive....
     
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  12. Phumas
     
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    è stato uno dei miei miti senza dubbio
     
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  13. leile
     
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    per me Jack Folla e' un grande,ed anche il tizio della voce.
    Quando poi ho saputo che era anche in tv e' stato troppo tardi,sono riuscita a vederne solo un piccolo pezzo dell'ultima puntata,ma e' sempre li,registrata in una videocasetta che mai dovra' essere cancellata..grande Jack
     
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  14. Phumas
     
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    Vero Leile..... Ci ha fatto davvero impazzire con la sua voce
     
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  15. Kityara
     
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    CITAZIONE (Phumas @ 24/9/2005, 18:39)
    "(Un amore sconvolgente: Jack Folla, l'uomo come tutti, il nostro alter ego clandestino, quello che dice le cose che sempre pensiamo e non abbiamo il coraggio di dire mai, l'uomo-talpa che scrive dalle fogne della città, che scuote le coscienze sotterranee, l'uomo antisistema, il non-sistema Jack, come noi vorremmo essere, come forse siamo, come non abbiamo il coraggio di mostrarci. Noi prigionieri, lui libero. Lui che ci mostra la libertà. Jack la nostra ombra luminosa!)

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    ''Sono anni che viviamo in questa cella.
    La felicità non sai cosa sia, la libertà neppure,
    i desideri neanche.
    Io sono evaso
    per insegnarti a sognare''

    "Sono tornato per vedere
    se ci riesce ancora di limare
    le sbarre insieme
    per riguadagnare un po' di libertà
    in questa tetra realtà. "

    "Un uomo solo davanti al muro
    è un uomo solo
    ma due uomini che guardano
    il muro
    è un principio d'evasione."

    (Nell'Italia di oggi c'è chi ha fatto del suo esilio un regno. In un Paese immobilizzato dagli applausi scroscianti a chi è Pro e chi Contro, Jack irrompe con anarchia appassionata, pagando di persona, evadendo anche dalla prigione del dissenso, pur di offrirci una via di fuga. Perché le sessanta lettere che ci ha fatto pervenire dal suo e dal nostro silenzio, si possono riassumere nel telegramma dell'ultima riga: )

    "Le paure si contano da soli.
    Le speranze in due." .

    JACK: "Saper mettere un punto e andare a capo è uno dei segreti di ogni storia della vita. Se lo ritardi, la rovini; se l'anticipi, la bruci; e se lasci che sia l'altro a mettere il punto al posto tuo, vuol dire che tu eri già uscito dalla storia.
    Gli addii non si annunziano, si compiono, e la loro violenza è inevitabile come quando si muore: la violenza del silenzio che seguirà. Gli addii camuffati da arrivederci li considero le perfidie peggiori. In realtà tagliano proprio le gambe ad ogni possibile ritorno, rassomigliano ai falsi addii delle marionette, quelle addestrate a recitare tutte le sere davanti a un pubblico diverso ma per loro indistinto e sempre uguale, eterni burattini che se ne vanno con nelle orecchie di legno gli applausi dell'ultimo "bis" che si confonderanno con quelli di benvenuto del prossimo paese dove domani sera replicheranno lo spettacolo.
    Mettere un punto non è abbassare il sipario e nemmeno cambiare copione. E' semplicemente interrompere la recita e uscire di scena. Non finire la battuta; osare, interromperla con un punto assurdo, e scontentare il pubblico, l'impresario e perfino te stesso, perché recitare il tuo ruolo ti piaceva, eccome se ti piaceva, era "come se", come se quella di Jack fosse davvero la tua vita.
    Ma vivere tutto "come se " è un danno. Lo conosco e me lo sono procurato cento volte. Ci sono coppie immobili, che per paura dell'abbandono, sono avvinghiate con il filo spinato del "come se", come se… si amassero ancora. Ci sono occasioni perdute sul lavoro, per il terrore di trasferirsi in un'altra città o semplicemente di cambiare azienda o mansioni o colleghi, in cui il "come se "è la scusa consolatoria a cui aggrapparsi per non mettersi a rischio. Le sirene della felicità, spesso, infondono più sgomento delle catene di un'esistenza mediocre. Allora facciamo come se il nostro vecchio lavoro fosse ritornato appagante, come se l'invidia del collega fosse una carezza, come se lo stipendio non ci dispiaccia più e ci convinciamo che quella promozione sempre promessa e mai mantenuta, in fondo in fondo ci lascia più liberi di vivere. Ma non appena è passata la "minaccia" di un'offerta di lavoro migliore, la "iattura" del colpo di fortuna, o quella altrettanto pericolosa di un nuovo amore, allora ricominciamo a lamentarci, di nuovo come se non fossimo stati solo noi a perdere il treno, e malediciamo chiunque, dalle Ferrovie dello Stato, agli extracomunitari, al nostro stipendio di merda, moglie, suocera e cane del vicino che-quello-chi sa- che cazzo-gli mette- nel pappone-per farlo latrare apposta- alle tre di notte- e rovinarmi l'esistenza.
    No, questa volta no, per favore. Questo fra me e te non deve succedere, fratello. E noi finora siamo stati bravissimi, noi finora l'abbiamo evitato.
    Avevamo tutti bisogno di un rapporto felice. Non so se un programma alla radio si possa definire così, ma so che il nostro era amore.
    Io metto un punto, perché nessuno ce lo porti via."

    "Se l’idea di società che abbiamo dentro
    è un po’ meno ignobile, un po’ più solidale e felice di quella che stiamo scontando attualmente,
    non è nostro diritto pretenderla,
    ma è nostro dovere praticarla ed attuarla,
    "come se"
    fosse quella e non questa l’Italia in cui viviamo. "

    "Credo che l’attesa sia un vizio come la speranza e io preferisco il dolore senza sorprese" .

    (Il suo bilancio si rivelerà una resa dei conti con se stesso e con gli "altri" nella scoperta delle verità nascoste, delle ipocrisie e di "un vuoto sconfinato in cui il dolore pulsante del mondo confluisce nel malessere individuale" e viceversa in una continua correlazione.)

    "Tutti i nostri atti producono conseguenze sul prossimo, alcune fortuite, altre prevedibili".

    (Jack Folla proclama l’incoscienza come antidoto alla falsa coscienza di oggi: )

    "L’illusione di essere sempre informati su tutto, di poter comunicare a tu per tu con chiunque, di conoscere gli altri e se stessi, e la presunzione di aver scardinato, grazie alla teologia, alla psicologia, alla tecnologia e alla biogenetica, la cassaforte dell’universo. Al cospetto di questa coscienza collettiva, io mi inchino, vi saluto e ritorno nelle tenebre del plasma. Preferisco essere un nanobio di un decimillesimo di millimetro, la metà del più piccolo batterio conosciuto, che un essere umano cosciente di sè. Voi trascorrete l’esistenza cercando di trovarvi, io la passo cercando di disperdermi."

    "La mia generazione

    Non può essere, non dev'essere, io non posso accettarlo
    di essere tagliato sempre quando parlo.
    Che dico. Che sogno. Di che cosa ho bisogno.
    Se sono ignorante e se me ne vergogno.
    E a te che ti diletti della mia generazione:
    rispetta il bisogno e l'emozione
    di chi più niente aspetta. Non spera
    non spara. Rifila solamente con l'accetta la sua bara.
    O padri. O padri. O padri disperati
    da padri che vi fecero già adulti e sistemati
    di libertà selvaggia ci avete contagiati
    e come cormorani, da soli, abbandonati
    sull'ultima spiaggia col petrolio sulle ali.
    Non può essere, non dev'essere, io non posso accettarlo
    che questa mia generazione di cui parlo, tarlo,
    dovrà rosicchiarsi un posto al sole, rubarlo
    ad ogni costo. Contesto. Non voglio farlo,
    la globalizzazione è il vostro stupido pretesto, mondiale
    per buttare a mare una generazione da scartare. Vero?
    Non speculare, su questo silenzio che non ci fa urlare. Peggio.
    Noialtri non verremo a votare al vostro seggio.
    Né grideremo Baggio-Baggio. Non puoi farci sfogare
    per lavartene le mani che non c'è da lavorare. Scruta
    dalla tua reggia, saggia, milioni di ragazzi
    su questa ultima spiaggia. Attenti. Pazzi.
    Diccelo tu che vali ?
    Perché il sole sta sciogliendoci il petrolio dalle ali."

    "Non darmi preoccupazioni

    Preoccupazioni. Non darmi preoccupazioni.
    Fai attenzione quando attraversi la strada.
    Dammi la mano Jack, la mano.
    Oggi il bambino è strano.
    Preoccupazioni, non darmi preoccupazioni.
    "Quando nascesti", raccontavi, "ti fecero saltare
    sulla mia pancia. Tu ridesti facesti pipì,
    ed eri così bello e così forte che io dissi:
    "Questo è Vino, Donne e Canto". E hai pianto.
    Non darmi preoccupazioni.
    Mamma, ricordi la cartella con i pennini?
    C'era una banda di bambini che si chiamava ''Condor".
    I Condor mi aspettavano dietro l'angolo
    e mi buttavano in terra. La guerra.
    Io infilzai di pennini la cartella. E tu
    "Non darmi preoccupazioni, se cadi per terra
    ti caverai un occhio". Malocchio.
    Invece l'occhio lo perse un Condor.
    E ti chiamò la signora maestra.
    "Non darmi preoccupazioni " . E ti chiamò la signora maestra e la
    mamma del condor ti denunciò
    così cominciò il calvario delle chiamate, degli avvisi
    delle telefonate. "Pronto signora?" — Pronto.
    (Non darmi preoccupazioni. )
    "Giù c'è una guardia per suo figlio".
    (Non darmi preoccupazioni.)
    Avviso di cambiali scadute, assegni protestati,
    postdatati, rubati. Non darmi preoccupazioni.
    Spaccio, astinenza, roba. Alba vuota.
    "Questo non è un albergo!"
    Mamma sulla sedia a dondolo
    dopo il primo anno a Rebibbia mi aggiusta la fìbbia
    della scarpa nera. "Vestiti, una volta, da sera".
    E poi l'America, d'illusioni e tentazioni.
    Non darmi preoccupazioni.
    E quand'è morta sembrava una bambina
    e diceva cose da bambina, tranne una:
    "Ti fecero saltellare sulla mia pancia
    ed eri così bello e forte che dissero Vino Donne e Canto".
    Sei morta.
    Ho pianto.
    Le madri dei condannati a morte muoiono sempre prima. Condannate dai figli.."


    Numeri

    "Numero, la vita è tutta un numero. 80-27-29
    era il numero di casa dei miei. Loro sono scomparsi
    adesso devi aggiungere lo 06. Ma non basta
    perché suona eternamente libero. Telecom,
    voglio il prefisso per parlare con mio padre,
    il fu numero... Ricordi? "Com'è andata a scuola?"
    Ho preso 8, papa. 7. 6. Trentasei sessantesimi
    alla maturità. "Legga un poco la A ". Miope: due diottrie.
    I numeri degli oculisti e quelli degli elettricisti.
    Sessanta watt. Numero, la vita è tutto un numero,
    come dicono i croupier.
    "Che misura porta, signora?" La terza.
    "Vuoi il numero del mio telefoninooo?"
    No, dammi quello del tuo destino.
    Non bastavano i maghi alla tivù, quelli col numero
    in sovraimpressione, adesso ci sono
    i numerologi della divinazione. "Lei è un tipico destino 2"
    Esigo un paese senza numeri di sorta.
    Toglietemi il numero dalla porta. "Pronto? Un attimino,
    mi da il numero della sua carta di credito
    per la campagna della Bonino?"
    Esigo un telefono senza numeri per libere chiamate mentali.
    Numeri, te l'inculcano a scuola: Se 44 soldati
    puntano contemporaneamente 22 fucili e scaricano
    su 66 condannati 962 pallottole,
    quante di queste andranno a segno?
    Consegno. Sto male. Lei deve prendere 3 pasticche
    prima di colazione, due di queste altre dopo, queste sei
    dopo cena Piuttosto mi mangio la scatola.
    Numeri, vi detesto Protesto la mia totale estraneità
    a tutti i calcoli di probabilità. Statistica: parola eufemistica
    per dire che non conti un cazzo, ma che tutti insieme
    facciamo un'opinione. Numeri, ossessione
    Rinuncio al premio di consolazione: "Ultimo estratto: 4.
    Ma che fa, è matto? Aveva vinto un gatto'".
    Teneteveli, li odio. Sono sempre 44 in fila per tre
    con resto di due. E uscito il 32 sulla ruota di Bari.
    "77, le gambe delle donne". Somaro. Quando mai
    si sono viste 77 gambe sotto la gonna di una donna.
    E che è un millepiedi? In piedi! "Quanti siete ragazzi?"
    Siamo tanti, tesoro. Incavolati pazzi."

    Desiderio, fottiti.

    "Desiderio, fottiti. "Vacanzina ai Caraibi?"
    Turismo, triste invenzione. Stare fermi,
    occhio al ciclone. "Che ne dice di questa
    zuccheriera inglese dell'Ottocento?" Orribile. Attento
    a tutte le riproduzioni, ti faranno desiderare l'originale.
    E attento all'originale, farà scattare negli altri
    il desiderio di rubare. Desiderio, fottitti. "Berio.
    L'ha mai sentito? In questo cd si riproduce all'infinito",
    — No grazie, troppo serio "Pronto, desidera?"
    — Più niente, ci ho ripensato.
    Desiderio di un condannato?
    Essere un evasore. Dell'evasore?
    Avere concordato. "Ti desidero ".
    — Moi non plus. "Ha mai considerato la convenienza
    di una multiproprietà?" Certo, per fare una strage.
    "E di questo tritaghiaccio che ne dice?" Finirei
    col suicidarmi in cubetti. Desiderio, fottiti.
    "Abbiamo mobili di richiamo, salotti chiavi in mano,
    soffitte da primo piano, nani per giardinetti,
    serrature in ricamo, porte con i merletti,
    camini dentro ai letti, computer che dicono ti amo.
    Li vuole?" No, richiamo.
    Desideri del genere umano vi detesto.
    Siete tristi e noiosi. Tutti eccetto questo.
    Un disco di Battisti."

    Bellissime, non avevo letto nulla di Jack Folla..è un bel spaccato della nostra società..
    ohmy.gif cool.gif
     
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19 replies since 24/9/2005, 18:39   2665 views
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